Ravioli ai tartufi, squisite tagliatelle ai funghi porcini, fragranti crescen­tine e tante altre leccornie gastronomiche al Ristorante Parco dei Ciliegi di Zola Predosa gestito da Giuseppe Guidotti, pedalatore avvezzo a lunghi spo­stamenti, soprattutto in Europa.

Il locale in questione, va detto che è anche la sede della ci­clistica Nuovo Parco dei Ciliegi pertanto è naturale che al suo interno lo sport del pedale occupi un posto di primo piano. Foto, coppe, maglie im­portanti che gli atleti di questo sodalizio amatoriale hanno indossato sono lassù, in alto, in bella vista.

Strade Bianche

Se questa che ci accingiamo ad evidenziare non è una curiosità, non sappiamo proprio quale altra possa esserlo.

Certamente molti appassionati di ciclismo - soprattutto fra coloro che agli "anta" non ci sono ancora arrivati - non sanno che l'indimenticato sin­daco di Bologna Giuseppe Dozza è stato socio del Pedale Bolognese. Si iscrisse il primo dicembre del 1945 e rimase socio fino alla fine dei suoi giorni, giunta il 28 dicembre del 1974 all'età di 73 anni.

Era nato in via Orfeo il 29 novembre del 1901. E' passato alla storia di Bologna (e non solo) come il sindaco della Liberazione. Restò in carica per 21 anni e precisa­mente dal 1945 al 1966. Altri tempi, decisamente migliori di quelli che stiamo vivendo, soprattutto per quanto riguarda le istituzioni cittadine.

 

 

Strade BiancheLa pedalata d'epoca che ci accingiamo a illustrare è partita da Mordano di Imola per ritornarci dopo un'ottantina di chilometri transitando per Castel San Pietro, Dozza Imolese, Imola e diverse località in terra romagnola.

Si è svolta in notturna nel luglio del 2015 e ha avuto 118 iscritti, tutti rigorosa­mente in sella a bici e in abbigliamento d'altri tempi. Praticamente un revival del ciclismo pioneristico organizzato dalla nuova Placci del presidente Marco Selleri e intitolato "Strade Bianche": una bella iniziativa che ci augu­riamo possa venire riproposta.

 

 

Quello era un luogo d'appuntamento nelle mattinate dei giorni feriali per gli amanti del ciclismo bolognese.

Il riferimento è al negozio denomi­nato Tagliavini e gestito da Angelo Bentivogli (morto il 17 marzo del 1997) che si trovava all'inizio di via San Felice, quasi accanto al Circolo Atc Giu­seppe Dozza. Angelo era il 'deus ex machina' della ciclistica Stracciari — Cebora (ex Culligan) e, come detto, il suo locale di stoffe e tendaggi era il punto di riferimento per molti personaggi innamorati del ciclismo per radunarsi e par­lare a ruota libera dello sport che prediligevano. Quel negozio non esiste più, al suo posto ce n'è uno di tutt'altro genere.

Gli habitués mattinieri erano soprattutto Adolfo Pizzoli, presidente della Mauro Pizzoli; Giuliano Fanti, presidente della Stracciari; Paolo Benfenati, un appassionato che ogni do­menica era al seguito delle gare; Luciano Gabrielli, diesse della Calderara; il giornalista-pubblicista Giorgio Ventura (questi purtroppo sono tutti scom­parsi); Cesarino Carpanelli, ex corridore; Dante Guidi, diesse della Galliera, e anche chi scrive queste note.

Il "pieno" c'era soprattutto nei mesi invernali, quando il ciclismo pe­dalato era in letargo e perciò teneva banco quello parlato. Si consideravano prevalentemente i probabili trasferimenti degli juniores e dei dilettanti da un club all'altro, pane fragrante per chi era alla ricerca di notizie di prima mano da trasmettere ai giornali, come per l'appunto allora era l'autore di questo libro, al quale — è superfluo dirlo — oggi quei personaggi mancano molto.

 

 

Erano in quattordici i bolognesi che nell'aprile del 2010 partirono dalla nostra città, lancia in resta, per prendere parte al Giro amatoriale delle Fiandre (Belgio) affrontando con coraggio il temutissimo "pavé", ma soprattutto sca­lando il Kapelmuur, la breve ma proibitiva salita pendenze che sfiorano il venti per cento.

Quegli ardimentosi pedalatori bolognesi erano Stefano Baiesi, Massimo Monari, Paolino Dall'Olio, Ermes Sinibaldi, Loredano Comastri, Alberto Fre­gni, Tommaso Lipparini, Giorgio Guidi, Martino Manzini, Ivano Musiani, Mauro Lari, Libero Odaldi, Antonio Serenari e Norma Trifase Minerva.

Quest'ultima non si staccò mai dai compagni d'av­ventura ricevendo alla fine della scalata i meritatis­simi complimenti.

 

 

Questo negozio, sorto nel 1694, si trova a Bologna all'inizio della cen­tralissima via dell'Indipendenza e ha una storia molto interessante riguardo allo sport delle due ruote a pedale, dato che ha visto nascere il Velo Sport Reno nel lontano 1908 e poi l'ha seguito finché è rimasto in vita (1950).

Il titolare della Coroncina era Vittorio Sancini, scomparso il 10 dicembre del 1990: in gioventù fu un ottimo dilettante e vinse diverse corse, in buona parte per distacco. Della Coroncina c'è da dire che in quel negozio di articoli religiosi e da regalo si è respirato tanto ciclismo poiché fungeva anche come sede del Velo Sport Reno, essendo il titolare padre di Renata che fu una delle prime donne a correre il Giro d'Italia versione rosa. Renata sposò poi Giorgio Mon­dini, un bel corridore giunto al professionismo.

 

 

Giorgio GuazzalocaUna simpatiche foto di fanciullezza quanto meno singolare estratta dall'albo dei ricordi di Luigi Lodi, presidente del team di ciclismo che porta il suo nome.

Scattata sulla spiaggia di Viserba nei primi anni 50, si vedono due cuginetti di circa dieci anni: uno è Luigino, tifoso di Bartali; l'altro Giorgino, tifoso di Coppi.

E al riguardo le maglie che indossano sono eloquenti.

La curiosità sta nel fatto che Giorgino un giorno diventerà un personaggio molto noto: sindaco di Bologna. Sì, proprio lui, Giorgio Guazzaloca (primo cittadino di Bologna dal 1999 al 2004).

 

 

 

Conosciamo Scalorbi da più di un ventennio e non c'era mai capitato di vederlo portare la bici in spalla.

Di solito è la bici che porta chi pedala e non viceversa, a meno che non si tratti di cross nel qual caso il corridore è costretto spesso caricarsi in spalla il mezzo meccanico per superare sentieri scoscesi e fangosi, dato che quell'attività si svolge in gran parte fuori strada. Evidentemente Scalorbi, presidente della ciclistica Villafontana, quando non è impegnato alla scrivania per sistemare le scartoffie societarie oppure in moto per seguire le corse, si diletta di cross. E' una passione che non gli conoscevamo e ci fa piacere averla scoperta. In fondo sempre di ciclismo si tratta, anche se quella specialità non è nelle nostre corde. Questione di gusti, naturalmente.

 

 

E' proprio così poiché il titolare, Vittorio Poletti, è stato un ciclista vin­cente.

Nel 1955, pochi anni prima di attaccare la bici al chiodo (l'ha fatto alla fine del 1962, come si leggerà a parte) ha sposato Carla Sozzi che ge­stiva quella trattoria storica, nata nel 1890 per iniziativa del nonno (per la verità secondo Poletti la data di apertura risalirebbe addirittura a venti anni prima).

E di storico, in quel locale, c'è anche il ciclismo che vi si rispira, poiché una parete è tappezzata di foto che ritraggono Poletti a braccia alzate mentre taglia vittorioso diversi traguardi. Insomma, anche lassù, in cima alla Futa, lo sport del pedale è di casa: sovente Poletti riceve le gradite visite dei vecchi compagni di squadra che sanno di poter trascorrere con lui ore in allegria, bevendo ottimo chianti e gustando cibi caserecci e prelibati (squisita la cro­stata di more fatta da Carla).

 

 

Davvero una bella cenetta in casa di Pietro con ottimo prosciutto San Daniele e un vino bianco, pignoletto e verdicchio, che andava giù che era un piacere (una cenetta preparata dalla moglie Carla purtroppo scomparsa dopo lunga malattia a 69 anni mentre il libro andava in stampa).

Ovviamente fra un bicchiere e l'altro si è parlato dei tempi andati, di quando Pietro correva (ha vinto più di una cinquantina le gare) e di aneddoti interessanti ne sono saltati fuori a iosa. Vicende felici ma anche tristi. Tristi come quella che nel 1963 gli impedì di passare al professionismo a causa di un incidente in alle­namento che lo costrinse a restare al Rizzoli per sei mesi. "Avevo già il con­tratto in tasca per andare alla Salvarani assieme a Ronchini e Pambianco ­spiega Pietro —, ma quell'incidente me lo impedì. Successe che nel ritiro in riviera andai a scontrarmi con un'auto e la mia carriera ciclistica si chiuse lì".